I luoghi del dialetto
Resti del castello di Croce – Croce
e castél ad Crosc
Le prime tracce documentali per Croce (Crosc in dialetto) risalgono al 998 d.C.: in quell’anno papa Gregorio V rinnova i diritti sul Castri Crucis all’arcivescovo di Ravenna. Meno di un secolo dopo, nel 1059 il vescovo di Rimini Uberto concede al conte Everardo e a sua moglie Marozia metà dei beni della cappella del castello di Croce. All’inizio del XIII secolo Croce torna ad essere indicato come appartenente all’arcivescovo di Ravenna e come tale entra nelle contese con il comune di Rimini.
Dall’inizio dell’epoca malatestiana è inserito nel territorio riminese, ne seguirà le vicissitudini e i cambi di gestione. Dal XVI alla fine del XVIII secolo è appodiato di San Clemente, comune dal quale si distacca nel 1817 per essere aggregato a quello di Monte Colombo.
La comunità ha sempre avuto un ampio territorio, la parrocchia ancora maggiore estendendosi anche nel territorio di Montescudo, territorio agricolo e caratterizzato da forte frazionamento proprietario, con molte case sparse e piccoli nuclei abitativi, una caratteristica particolare con pochi altri esempi nella vallata del Conca.
L’impianto castellano viene progressivamente superato a partire dal XVII secolo, per l’allargamento dell’abitato, le distruzioni delle mura a causa di incendi (testimoniata dal nome Via Bruciata alla strada tra le mura e la chiesa parrocchiale) e per la necessità di recuperare i materiali edili per i restauri alla chiesa e alla casa pubblica.
Attualmente del castello restano brani della rampa di accesso che porta alla casa pubblica (diventata nel tempo scuola elementare e oggi abitazioni Iacp) e delle mura lato sud, sulla scarpata che da fine XIX secolo è stata rialzata per realizzare la strada provinciale 42. Un altro ricordo dell’antica cinta muraria è nel nome dialettale che identifica una precisa area a scarpata a nord: sota la tora, sotto la torre.